Una piega crostale sta crescendo in maniera asismica sotto il mare di Aci Trezza nel Catanese in corrispondenza dell’Isola Lachea ad una velocità di alcuni millimetri per anno.
È quanto emerge dalla ricerca condotta al largo della costa etnea dai docenti Giovanni Barreca e Carmelo Monaco del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania insieme con un’equipe dell’Università di Palermo.
I risultati della ricerca sono stati appena pubblicati su “Geosciences”, la rivista internazionale interdisciplinare di geoscienza, scienza del futuro e della terra del futuro.
A sostegno della nuova ricerca – secondo cui nel mare di Aci Trezza (tutelato dall’Area marina protetta Isole Ciclopi) sta crescendo in maniera asismica una piega crostale in corrispondenza dell’Isola Lachea (tutelata dalla riserva naturale integrale “Isola Lachea e Faraglioni dei Ciclopi” gestita dal centro di ricerca Cutgana dell’Università di Catania) - la presenza di alghe fossilizzate (che generalmente vivono a pelo d’acqua), non più vecchie di circa 6.000 anni, incrostanti le Isole dei Ciclopi fino all’altezza di 6 metri sul livello del mare (foto C). Sono state, inoltre, identificate numerose faglie e fratture attive (figura L1 della foto B), accompagnate da risalite di fluidi, che tagliano i sedimenti recenti e le lave al largo di Aci Trezza. Si tratta di fratture di collegamento tra le faglie già note a terra (come il sistema delle Timpe) e quelle mappate nei settori più profondi in mare aperto dalle precedenti campagne oceanografiche, probabili sorgenti di forti terremoti.
L’acquisizione ad alta risoluzione di dati sismici di tipo SPARKER (foto A) è stata effettuata in acque costiere poco profonde (ad una distanza dalla costa fino a circa 7 chilometri), lungo un settore poco studiato con queste tecnologie, tra il porto di Catania e Stazzo. Il forte interesse scientifico per l’area marina antistante la costa ionica è alimentato dal fatto che in questo settore si sono probabilmente originati i più forti terremoti e tsunami che hanno colpito la Sicilia sud-orientale causando distruzione e decine di migliaia di morti (come nel 1169 e 1693). Le faglie responsabili di questi terremoti sono ancora incerte. In passato, numerosi sistemi di faglie sono stati mappati a terra lungo il fianco sud-orientale dell’Etna (sistema delle Timpe) da diversi gruppi di ricercatori. Altre strutture tettoniche sono state identificate nelle profondità marine durante numerose campagne oceanografiche svoltesi negli ultimi decenni.
Alfio Russo - Ufficio Comunicazione e Stampa dell'Università di Catania
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